Stiamo vivendo un’epoca curiosa, a tratti grottesca, per la Chiesa cattolica. Altro che profumo d’incenso e canti gregoriani: ci avviciniamo a un Conclave, quello del 7 maggio 2025, con l’aria da thriller teologico. Dopo la morte di Papa Francesco, la baracca è in bilico, e i fedeli—quelli veri, non quelli da tastiera—cominciano a chiedersi se siamo sull’orlo della redenzione o del ridicolo.
Intanto, dietro le quinte, il sipario si apre su uno spettacolo surreale. Rieccolo, Donald Trump, il re delle provocazioni, che spunta in rete vestito da Papa. No, non è un sogno lisergico. È un meme. Una boutade, dirà qualcuno. Una bestemmia travestita da barzelletta, diranno altri. Fatto sta che la trovata ha funzionato: il web s’infiamma, i cattolici si spaccano, e intanto il mondo ride.
Ma la sceneggiatura non finisce qui. Spunta anche una crypto: la moneta digitale “$Pope”. Una barzelletta? Macché. Mezzo milione di dollari raccolti in venti minuti. Il 35% promesso per aiutare la Chiesa a scrollarsi di dosso la muffa. “Vuoi vedere che il Vaticano si salva con un coin?” sghignazzano gli entusiasti.
Ora, il punto: è questo il modo serio di affrontare il futuro della Chiesa? Criptovalute, meme, cosplay liturgico da parte di un ex presidente americano? Tutto sembra nato in una Silicon Valley sotto acido. Trump, non pago, indica pure il suo preferito per il papato: l’arcivescovo Timothy Dolan. Il sacro ridotto a endorsement elettorale.
Non siamo di fronte solo a un’iniziativa ironica. Qui c’è l’opportunismo puro, sfrontato, che s’infila nei vuoti lasciati dalla Chiesa stessa. Il sacro viene preso in ostaggio per farsi campagna. C’è chi urla allo scandalo, chi minimizza, ma il punto resta: la fede è diventata carne da social.
Matteo Renzi, persino lui, ci ha visto lungo: Trump fa il clown e seppellisce quel poco di rispetto che resta. E ha ragione. La sensazione è che l’intera comunità ecclesiale venga scossa da dentro, da una farsa diventata virale.
L’immagine di Trump-Papa è il selfie blasfemo di una religione in crisi identitaria. La sfida per la Chiesa non è più solo spirituale, ma mediatica. O sa parlare al mondo senza svendersi, o resterà sepolta sotto una valanga di like.
Il confine tra sacro e profano è ormai un marciapiede scivoloso. La tecnologia è utile, ma non può sostituire il cuore pulsante di un’istituzione che dovrebbe parlare di anime, non di token.
Ora che il Conclave si avvicina, ci auguriamo che tra le porpore ci sia qualcuno con le idee chiare, lo stomaco forte e la spina dorsale intatta. Perché una Chiesa guidata a colpi di meme e appelli virali rischia di diventare solo un circo. E di Dio, in quel circo, non resterà che l’insegna.