Papa Francesco ai salesiani di Don Bosco: passionali, non mediocri

Il Papa ha parlato. Anzi, ha sparato un colpo in mezzo alla noia liturgica che spesso accompagna certi raduni clericali.
Il suo messaggio, indirizzato al XXIX Capitolo Generale della Congregazione Salesiana, non è il solito augurio di buon lavoro, condito di frasi fatte. È un richiamo secco, quasi un ultimatum: “svegliatevi”.
Dal 16 febbraio al 12 aprile, dice il calendario, si tiene l’incontro. Ma fuori dai comunicati e dalle brochure patinate, chi se n’è accorto davvero?
Eppure c’è da ricordare il 150° anniversario della prima spedizione missionaria di Don Bosco in Argentina. Un evento da fuochi d’artificio. Un compleanno che non può essere festeggiato con le candeline spente. Una festa, però, che rischia di scivolare via tra applausi stanchi e sorrisi istituzionali

Il messaggio si apre con dei saluti. E che saluti! Al nuovo Rettor Maggiore, Don Fabio Attard, si augura “buon lavoro”. Un modo simpatico per mettere un po’ di pressione, no? Certamente, il Papa non è noto per le sue improvvisazioni, quindi pesa le parole. E poi? I ringraziamenti al Cardinale Ángel Fernández Artime, che ha laboriosamente servito l’Istituto e la Chiesa universale. Umani e gentili, ma bisogna smettere di danzare sulle punte. Bisogna entrare nel vivo. E cosa dice il Papa?

Centro del discorso: “Salesiani appassionati di Gesù Cristo e consegnati ai giovani”. Si potrebbe pensare a uno slogan di una campagna pubblicitaria. E invece no. È un bel programma, ma a chi lo si sta rivolgendo? A questi salesiani che hanno la passione di Don Bosco nel cuore, o a quelli che si sono adagiati nel torpore del quotidiano? Il Pontefice, con il suo solito stile affilato, esorta a lasciarsi coinvolgere dall’amore di Cristo. E qui la classe si fa sentir bene. “Servire senza tener nulla per sé”, dice. Utopia? O realtà da riscoprire?

Con un ammiccare di spalle, Francesco riconosce le sfide moderne. “Diverso dal passato”? Mica tanto, visto che le sfide sono sempre state cambiate come i vestiti in un armadio. Ma la fede e l’entusiasmo, sono invariati. Riflessione profonda o pura retorica? Ognuno può farsi una propria opinione. E l’interculturalità? Un bel termine. Ma all’atto pratico, quanti salesiani sono realmente pronti a mettersi in gioco in un mondo tanto variegato?

Il Papa invita i partecipanti a perseverare. Bene, ma chi lo ascolta? La realtà è che ci sono migliaia di confratelli sparsi per i cinque continenti, e qual è il loro destino? Cos’è il servizio, in un mondo che cambia a velocità supersonica?

Con una benedizione “di cuore” – che suona più come una stretta di mano prima del fischio d’inizio – Francesco chiude il suo intervento. Chiede preghiere. Per lui. Ma davvero è lui quello che ha bisogno di sostegno? O sono i destinatari del messaggio a essere sull’orlo del collasso spirituale?
Parla di passione, di concretezza, di testimonianza… Ma quante volte abbiamo sentito queste parole senza mai vederle incarnate?
E poi, il sigillo finale: l’affidamento a Maria Ausiliatrice. Gesto d’amore? Sì. Ma anche un tentativo, neanche troppo velato, di passare il testimone. Come a dire: “Io ho parlato, ora arrangiatevi voi con la Madre”.

Ma le sorprese non finiscono qui. Il Pontefice ha un altro asso nella manica: annuncia il tema per la Giornata mondiale di Preghiera per la Cura del Creato. “Semi di pace e di speranza”, dice. Ma chi decide cosa piantare? Si parla di “pace con il creato” per il 2025, anno giubilare. Tanta retorica attorno a una questione seria: mentre si discute, il Pianeta continua a soffrire. È ora di passare ai fatti, non ai discorsi. Che ci crediate o no, è l’azione che fa la differenza e non le parole vuote.

Finiti i saluti e le buone intenzioni, resta solo da capire se i Salesiani avranno il coraggio di rispondere all’appello. La sfida è chiara: passione, non mediocrità. Ma basterà il messaggio di Francesco a smuovere le coscienze assopite? Il tempo delle chiacchiere è finito.