Il 3 aprile 2025, il mondo ha salutato uno dei protagonisti più controversi della Chiesa cattolica moderna: Theodore Edgar McCarrick, ex cardinale e arcivescovo di Washington. È morto all’età di 94 anni in Missouri, ma per molti è una figura che non meritava il riposo eterno. Dal 2019, un vento di scandalo si era abbattuto sulla sua figura, costringendolo a rinunciare non solo alla tonaca, ma al purgatorio clericale che si era costruito con anni di abuso di potere.
Ci si potrebbe chiedere: come è possibile che un cardinale, un uomo di Dio che avrebbe dovuto rappresentare la rettitudine e la morale, sia diventato un simbolo di abusi sessuali e corruzione all’interno delle sacre mura? Le accuse a suo carico sono emerse nel 2018, una tempesta che ha travolto non solo lui, ma l’intera Chiesa. Ma le responsabilità non si fermano qui; il Vangelo stessa ci ammonisce contro i lupi vestiti da agnelli, e McCarrick è stato uno di questi lupi.
Non basta un’inchiesta per chiudere il capitolo. Nel febbraio 2019, Papa Francesco gli ha dato il benservito, riducendolo allo stato laicale e accettando la sua dimissione dal Collegio cardinalizio. Un atto di coraggio, sì, ma ci si deve chiedere quanto sia tardivo. Per anni, McCarrick ha abusato della sua posizione, schiacciando sotto il suo potere vittime innocenti e seminando incredulità tra chi aveva fiducia in lui.
Le indagini successive non hanno fatto altro che confermare ciò che si sapeva già: una serie di abusi sistematici e un tentativo di insabbiarli. Come si può accettare l’idea che un cardinalato potesse continuare a esistere accanto a tali atrocità? L’interrogativo risuona forte: dove erano i controlli? Dove erano coloro che avrebbero dovuto vigilare? Non c’è solo un problema di singolo, ma di un sistema fallato che permette a certi individui di regnare incontrovertibilmente.
Carlo Maria Viganò spunta come un corvo in questo dramma, accusando l’alta dirigenza ecclesiastica di sapere già tutto, mettendo in evidenza l’ipocrisia di una Chiesa che chiude gli occhi sui propri peccati. Si possono risparmiare le lacrime per McCarrick, ma ci si può solo indignare per un sistema che ha permesso una storia di abuso vergognosa. La morte di quel cardinale ha chiesto il conto a tutti quei colori che, per anni, hanno guardato dall’altra parte.
I fiumi di inchiostro e le parole spese in analisi non possono nascondere la verità: la Chiesa cattolica deve affrontare una crisi profonda, non solo nei suoi vertici, ma nel suo stesso tessuto. Le responsabilità devono essere accettate e riconosciute. Le vittime non possono essere ignorate. Un terzo delle vittime di abusi sessuali nelle istituzioni religiose ha meno di diciotto anni. Dette così, queste statistiche fanno rabbrividire. Significa che la fragilità della dignità umana è stata calpestata senza pietà.
Qual è la soluzione, ora che McCarrick è scomparso? Non basta archiviare la questione; servono misure concrete. La Chiesa ha bisogno di una riforma profonda e di un dialogo autentico che metta al centro le esigenze delle vittime e la trasparenza. Bisogna sradicare le pratiche colluse e promuovere la corresponsabilità laicale. La storia di McCarrick dovrebbe trasformarsi in opportunità per rinnovare una spiritualità che non tema di affrontare i propri demoni.
È tempo che la Chiesa non si limiti a dire «ci scusiamo» ma cominci a dimostrare che le scuse significano anche azioni concrete. Non c’è nulla di più ipocrita di chi si inginocchia in preghiera nei giorni di festa e poi ignora il grido di dolore di chi è rimasto calpestato. McCarrick è morto, ma il suo lascito è un monito. Il contagio dell’abuso di potere è vivissimo; grida vendetta quella complicità silenziosa che ha regnato nelle sacrestie fino a oggi.
Riflettiamo: che Chiesa vogliamo? Una Chiesa profetica che incarnasse l’amore e la compassione, ma anche un’istituzione capace di affrontare il confronto con la sua storia. La morte di McCarrick, lungi dall’essere una chiusura, dev’essere un inizio. Un inizio che impone di non far mai più finta di nulla. Una Chiesa che preferisce nascondere i peccati sotto il tappeto non è una Chiesa che abbia futuro. Solo affrontando le cicatrici lasciate dalle sue ombre, sarà possibile costruire un avvenire dignitoso.
Molti dicono: “Il dolore può trasformarsi in speranza”. Bene, questa è la vera grande sfida della Chiesa cattolica oggi: trasformare la sofferenza in rinnovamento. Che il caso McCarrick rimanga come un ammonimento per chiunque si illuda che la dignità possa essere venduta per un posto al sole nel potere clericale. E se la Chiesa non si muoverà, se il dolore delle vittime verrà ancora ignorato, beh, allora merita quel che otterrà.