Sabato 12 aprile 2025, il Papa ha fatto una visita a sorpresa alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Non un evento da poco, considerando le persistenti chiacchiere di chi non perde occasione per criticarlo. Ma chi è che poteva davvero mettere in dubbio il legame tra Francesco e la Madonna Salus Populi Romani? Nessuno con un minimo di senno, eppure è esattamente il veleno che si respira in certi ambienti. Benedetti — si fa per dire — quei cattivi maestri che vedono solo un Papa distante dalla “vera fede”, mentre sono loro a essersi smarriti per strada.
Papa Francesco, in elegante talare bianca (per i nostalgici del poncho: prendete nota), con il suo sorrisetto complice, arriva alla Basilica in sedia a rotelle, accompagnato dall’ossigeno ma con una forza che fa impallidire i suoi critici. Il suo gesto? Un mazzo di rose bianche deposto con semplicità e devozione davanti all’icona mariana, rifugio materno dei romani. Ma che fatica, vero? Un bel pugno nello stomaco per chi continua a blaterare di astronavi dottrinali e dottrine alla deriva.
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foto Sala Stampa Santa Sede/VaticanMedia |
Quindici minuti di preghiera solenne. Sì, avete capito bene. Un quarto d’ora di silenzio vero, in cui anche i gendarmi hanno contribuito a creare un’atmosfera da pelle d’oca. E i fedeli? “Viva il Papa!” è stato il coro spontaneo e sincero, altro che le lamentazioni sterili di chi si perde dietro sofismi e complotti. La gente vuole fede, non sermoni sul purismo teologico scritti tra una polemica e un tweet.
Ogni volta che Francesco parte o rientra da un viaggio, si ferma lì. Non è solo tradizione, è un rito vivo, personale, pulsante. Un segno tangibile di un legame autentico con la Vergine, che nulla ha a che fare con i formalismi da sacrestia. Qui non si tratta di semplificare, ma di dire le cose come stanno: la devozione mariana non è un orpello, è un’ancora, un rifugio nel caos. E chi non lo capisce, forse dovrebbe tornare all’ABC della fede.
L’evento, a ridosso della Pasqua, non è affatto casuale. Siamo nel cuore di una crisi mondiale, e l’Anno Santo alle porte non è una passerella, ma un appello pressante all’unità. Basta con le divisioni, con la guerra dei catechismi. È ora di ricompattarci, di ritrovare nella Madonna quel punto fermo che unisce ciò che le polemiche vogliono sfasciare.
La scena di ieri è la fotografia limpida di un Papa che non si fa intimidire dalla malattia. Un’immagine che vale più di mille editoriali, capace di zittire anche il più insistente dei detrattori. Chi pensa che la salute possa scalfire il suo spirito, si illude. Il Papa è lì, al centro, saldo nella fede e nella missione, mentre tanti si rincorrono nel buio delle loro paure e dei loro giudizi da tastiera. L’amore della Madonna non ha limiti, né contesti: lui lo sa, lo vive, lo mostra.
Questa visita non è un atto privato: è un messaggio chiaro, diretto, senza fronzoli. Un appello all’unità, alla vera comunità cristiana. Non c’è più tempo da perdere con teologie da salotto e guerre intestine. Chi segue davvero il Papa lo fa perché vede in lui il segno vivo della misericordia. E chi lo critica? Forse dovrebbe guardarsi allo specchio e chiedersi da che parte sta davvero.
L’apparizione di Francesco a Santa Maria Maggiore è una scossa per chi ancora dorme. È un richiamo che fa tremare le coscienze: la fede è viva, non è carta stampata o slogan da comizio. È carne, è gesto, è presenza. Le rose bianche, deposte in silenzio, dicono più di mille parole: la comunità cristiana vera si costruisce sull’amore, non sull’esclusione. Ecco il Papa. Non quello che si vuole vedere, ma quello che c’è davvero. E chi non lo capisce, forse, ha sbagliato strada da un bel pezzo.