Papabili, Matteo Zuppi, il cardinale che sussurra alla storia

Papabili, Matteo Zuppi, il cardinale che sussurra alla storia

4 maggio 2025. Sono passati venti giorni dalla morte di Papa Francesco. E no, non è solo una questione di lutto: è una Chiesa che si scopre nuda davanti allo specchio. Il tempo della “sede vacante” è stato un lento stallo, tra malinconie, divisioni e sogni sgonfiati come palloni della domenica sera. C’è chi invoca continuità, chi vuole una cesura. Chi rimpiange, chi complotta. Intanto, mentre i cardinali si esercitano in strategia e tweet, sale, quasi in silenzio, un nome che suona familiare ma pesa come un’incudine: Matteo Zuppi. Per alcuni è un “Bergoglio italiano”. Per altri, semplicemente, un pastore che non ha dimenticato il mestiere più difficile: ascoltare.

Matteo Maria Zuppi nasce l’11 ottobre 1955. Non in una frazione dispersa, ma a Roma, nella città che ha inventato l’Impero e l’inciucio. Il padre, Enrico, giornalista e direttore de L’Osservatore della Domenica; la madre, Carla, nipote del cardinale Confalonieri. Insomma, Zuppi non nasce da un sogno mistico, ma da un pedigree che pare scritto da Dio e firmato da chi conta. Frequenta il liceo classico Virgilio: tra i compagni, un certo David Sassoli e un tale De Gregori. Già allora, girava voce che “quel Matteo lì” avrebbe lasciato il segno.

Si laurea in Lettere alla Sapienza, con la testa immersa nella storia del Cristianesimo. Poi arriva il baccellierato in Teologia alla Lateranense. Negli anni Settanta parlare di fede era roba da carbonari o da rivoluzionari, ma lui ci crede. E nel 1981 viene ordinato sacerdote. Inizia così un cammino che lo porterà a incrociare la Storia vera, quella con la maiuscola.

Non fa carriera a tavolino. A Roma, Zuppi è vicario parrocchiale, poi parroco di Santa Maria in Trastevere, cuore battente della città. Nel quartiere delle risse e dei cantautori, lui porta pace e concretezza. Entra nella Comunità di Sant’Egidio, e nel 1992 è tra i mediatori dell’accordo di pace per il Mozambico. Diplomazia? No. È fede messa in pratica. Altro che processioni.

Nel 2012 Benedetto XVI lo nomina vescovo ausiliare di Roma. Ma è con Francesco che la sua stella comincia davvero a brillare: nel 2015 diventa arcivescovo di Bologna, e nel 2019 cardinale, con il titolo di Sant’Egidio. Non è un premio, è una chiamata al fronte.

Nel 2022 arriva l’investitura: presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Incarico scomodo, terreno minato, ma Zuppi non si piega. Non ama le veline né le formule vuote. Dice quel che pensa e fa quel che dice. Durante la guerra in Ucraina, non si limita a pregare. Va. Tocca con mano. Kiev, Mosca. Missioni rischiose, ma necessarie. Non lo fa per prestigio, ma perché la pace non nasce in poltrona.

Ora siamo alla vigilia di un Conclave, il 7 maggio. 133 cardinali chiamati a decidere. La Chiesa è ferita, divisa, stanca. Ma tra le rovine, c’è chi intravede una figura capace di tenerla insieme senza imbrigliarla: Zuppi. Ponte, non fossato. Continuità, sì, ma con nervo.

Lo dice anche Roberto Morgantini su La Stampa: Zuppi non è un ripiego, ma una scelta naturale. Persino tra i giovani del Virgilio, che di solito sognano startup e libertà, c’è chi vede in lui una speranza concreta. I sondaggi parlano chiaro: Zuppi è in testa. Come il critico che scova un Picasso tra le tele malmesse.

E mentre si moltiplicano le iniziative nelle chiese locali — la preghiera per “adottare un cardinale” — Zuppi è tra i più scelti. Perché? Perché non è solo un prelato. È un uomo di carne, sangue e anima. Uno che va a trovare gli anziani sacerdoti all’ospedale, senza telecamere. Uno che, nei giorni prima del Conclave, resta a Bologna, con la sua gente. Uno che non se la tira, ma tira avanti.

Il conclave si preannuncia come uno spartiacque. Zuppi è in pole position, ma non è detto che basti. In Vaticano ci si muove a colpi di sorrisi e sospetti. Ma resta il fatto: se la Chiesa vuole rinnovarsi senza perdersi, questo romano di Trastevere è l’uomo giusto.

Certo, ci sono i timorosi. Quelli che temono una Chiesa troppo moderna, troppo aperta, troppo… umana. Ma la crisi, questa crisi, è l’occasione per cambiare pelle senza cambiare cuore.

Allora sì, aspettiamo. Con la calma degli antichi e l’ansia dei moderni. Le candele si consumano, le chiacchiere crescono, ma gli occhi sono tutti su di lui. Matteo Zuppi. Il cardinale che sussurra alla storia. O che potrebbe scriverla