Quando si parla di salute e convalescenza, di solito ci aspetteremmo parole rassicuranti, ambiziose promesse di ripresa e, se possibile, qualche finto ottimismo da parte dell’entourage. Eppure, quando si tratta di Papa Francesco, il nostro amato Pontefice, la narrazione sembra carica di sfumature e di contraddizioni. E così, mentre la notizia dei suoi “ulteriori lievi miglioramenti” aleggia sul Vaticano come un coro di angeli ai piedi dell’Altare, viene da chiedersi: cosa si cela dietro a questo abbagliante gioco di luci e ombre?
Il grande miglioramento celato dietro la nebbia
AGI ha riferito che gli “indicatori infettivi” stanno migliorando e che, anche se l’infezione polmonare è ancora presente, i risultati delle analisi del sangue sembrano promettenti. E allora, che dire? Abbiamo fatto un grande passo in avanti verso la dimensione celeste della comunicazione. Del resto, cosa c’è di meglio per un Papa che comunicare se non diventare la metafora vivente di una lenta ma costante risalita? Se la salute fosse davvero una questione di “positive vibes”, Francesco potrebbe aprire un negozio di yoga nel giardino del Vaticano.
Le ipotesi sulla sua presenza all’Angelus di domenica 6 aprile si rincorrono, e c’è chi parla di un “collegamento video” o addirittura di un’apparizione solenne dalla finestra del Palazzo Apostolico. Un’innovazione, forse? Il Papa che si collega direttamente con il popolo mentre rimane nel suo “comfort zone”, circondato da monitor e tecnologie? C’è da chiedersi se la prossima “Messa in streaming” avrà un biglietto d’ingresso e se ci sarà anche il backstage per i fedeli più appassionati.
Mentre il Papa fa fisioterapia, chi si prende cura della fede?
La convalescenza richiede attenzione e cura, e Francesco, oltre ai suoi esercizi di fisioterapia, sta imparando a riprendere possesso della sua voce. “La voce non è mai andata via del tutto”, affermano fervorosamente i burocrati della Santa Sede, accennando quasi a una sorta di coraggio inarrestabile. Ma gli affaticamenti – ahimè – ci sono. È un elemento chiave del dialogo che si sta sviluppando nel Vaticano, dove il miglioramento si abbina sempre, e a partire da adesso non sappiamo più se si riferisce alla salute del Pontefice o alla sanità di una Chiesa che continue a cercare il suo posto nel mondo.
Tuttavia, mentre il Papa “mangia normalmente in forma solida” e continua a rimischiarsi la cabala dei documenti, si presenta una domanda chiave: come ci si sente sentendosi suscettibili a una malattia mentre si guida un’intera fazione di credenti? Bergoglio, non proprio in piena forma, è costretto a rimanere nell’ombra e a riflettere sulla sua vocazione. E se nel frattempo l’unica cosa che riesce a scambiare con gli alfieri del suo regno sono moduli e carte firmate, ci si potrebbe chiedere se la sua reale sfida sia quella di rispondere a domande meno concrete ma più urgenti, che risuonano come un eco nel cuore di milioni di fedeli.
Fisioterapia e mobilità: una benedizione celeste?
Il termine “graduali e lenti” potrebbe facilmente essere usato per descrivere il cammino della straordinaria macchina ecclesiastica nel suo complesso. Ma la mobilità si sa, è tutto il contrario: non si può stagnare. Lo capisce bene Francesco, che nel mentre continua a scontrarsi con una mobilitazione non solo fisica, ma spirituale e simbolica. E se il futuro del Cristianesimo passa attraverso le sue gambe malferme, da dove sarebbe più appropriato riprendere il passo, se non dall’antico festino dell’Angelus, simbolo di una Chiesa che si affaccia al mondo? Ah, il dramma della mortale instabilità.
- Ossigenoterapia di giorno e alti flussi” da applicare di notte: un compagno fedele di mille aliti di fede.
- Assistito da un infermiere, eppure con lo sguardo sempre proiettato verso le bestie incivili e fameliche che al di fuori cercano un’interazione divina.
- Eppure, questa mobilità è costantemente osservata, una sorta di “grande fratello” celeste che non fa altro che passare in rassegna le miserie e i trionfi del mondo.
Il Giubileo degli ammalati: un’occasione perduta?
Ora, affrontiamoci. Il Giubileo degli ammalati e del mondo della sanità si avvicina, e chi è al timone? Un monsignor Rino Fisichella, altro che Pontefice! Così il coraggioso piano di Francesco di farsi vedere, anche se online, verrà nuovamente disatteso per il bene della sua salute. È un paradosso che il Papa, simbolo di compassione e consolazione, non possa partecipare realmente ma solo “delegare” in una sorta di dannato carrierismo spirituale.
E come se non bastasse, oltre a occupare il proprio posto nel limbo della convalescenza, la superiorità della figura papale è messa a rischio da una manovra di astuzia ecclesiastica. Vi basti sapere che l’ “Urbi et Orbi”, il momento di compartecipazione istituzionale, è un privilegio non delegabile. Un biglietto da visita per il capo della Chiesa, che potrà far raggiungere a tutti i fedeli la benedizione esclusiva. Ma, uh-oh! Preparatevi: pare che il Papa, a meno di miracoli evolutivi nei prossimi giorni, non potrà rispondere al grido di pietà dei suoi fedeli.
La fede in un sistema di assistenza
Tornando al di là delle finestre del Palazzo Apostolico, possiamo scommettere che il Papa si sente anche un po’ come un burattino, con le mani legate dalle buone intenzioni dei medici e l’infinita pazienza dei suoi collaboratori. In un mondo in cui ci si aspetta che si ricorra alla tecnologia per mostrarsi “presenti” e “accessible”, il grande Papa della modernità si ritrova impantanato nei confini del suo studio, come un girasole depresso in attesa del sole.
Ma c’è qualcosa di più profondo da notare in tutto questo. Mentre Francesco si muove lentamente tra le sue cartelle e i menu quotidiani, ci si chiede: chi si occupa della salute spirituale di una Chiesa che sta cercando il suo peso in una società che cambia a una velocità vertiginosa? A volte sembra che non ci sia bisogno di grandi visioni o encicliche: bastano piccoli gesti, un buon uso dei social media e un video in diretta per rinsaldare il legame tra il mondo e il divino. E così il divino diventa un prodotto da consumare, una pillola da ingurgitare insieme a un bicchiere d’acqua fresca.
Infine, mentre il Santo Padre si ricostruisce pezzo per pezzo nella sua oasi di intimità, ci chiediamo quanto spesso ci lasciamo trasportare da queste favole di speranza e miglioramento che circolano nel Vaticano. In questo crogiolo di credenze e fragilità, i piccoli segni di ripresa di Francesco dovrebbero ricordarci che la spiritualità, come la salute, ha un prezzo. E quel prezzo è un gioco complicato di attese e speranze, un attimo di vita che scivola tra le dita come sabbia. Forse è ora che torniamo a ribadire che il Papa, in fondo, è umano. E l’essenza che rimane è una fragilità sfumata dalla potenza dell’impegno.
Che si possa andare oltre l’immagine idealizzata della figura pontificia e ricordarci che, a volte, bastano delle parole di conforto, una presenza anche a distanza e una benedizione sincera per connettere le vite spezzate e le anime alla ricerca.
Rimanete sintonizzati, perché la Chiesa, con o senza Papa, è un grande teatro. E come in ogni grande spettacolo, l’attesa di un’apparizione può talvolta rivelarsi più affascinante di quella stessa apparizione.