ROMA – Una buona notizia, finalmente. Domani, Papa Francesco sarà dimesso dal Policlinico Gemelli, dove ha trascorso oltre un mese a causa di una polmonite bilaterale. A confermare l’imminente ritorno a Casa Santa Marta è stato Sergio Alfieri, direttore dell’equipe medica che ha curato il Pontefice. “Il Papa tornerà a Santa Marta”, ha comunicato con un sorriso il dottore, che ha aggiunto: “Le sue condizioni cliniche sono stabili da almeno due settimane”. Una stabilità tanto attesa, che segna l’inizio di un nuovo capitolo per Francesco.
Ma la strada verso la piena guarigione richiede tempo. Durante il periodo di convalescenza, il Santo Padre dovrà seguire una terapia farmacologica rigorosa e concedersi un periodo di riposo di almeno due mesi. Un monito questo, che fa eco all’esperienza di tanti uomini e donne della sua età: anche i più forti hanno bisogno di ascoltare il proprio corpo e concedersi il tempo necessario per recuperare.
Il dottor Alfieri ha voluto rassicurare tutti: “Non c’è stata intubazione. Il Santo Padre è sempre rimasto vigile”. Ma non mancano le ombre nel racconto: ci sono stati momenti in cui Francesco si è trovato “in pericolo di vita”. Un pensiero angosciante per chi lo ama e lo segue. La fragilità umana si fa sentire anche su chi porta la croce del mondo.
La polmonite bilaterale è stata risolta e notizie confortanti giungono anche sul fronte delle infezioni. È stato chiarito che il Papa non ha contratto il Covid-19 durante la degenza ospedaliera, ma le preoccupazioni rimangono vive, soprattutto considerando l’età avanzata del Pontefice. “È una persona di 88 anni” spiega Luigi Carbone, vicedirettore del Dipartimento Sanità e Igiene dello Stato della Città del Vaticano. “Le nuove infezioni possono sempre presentarsi.” Ecco quindi che emerge l’umanità del Papa: non solo un uomo vestito di bianco, ma un anziano che avverte sulla propria pelle le ansie quotidiane.
Il ricovero in ospedale porta con sé rischi insidiosi; come sottolineato dal dottor Alfieri, “l’ospedale è paradossalmente il posto dove si prendono più infezioni”. L’idea stessa dell’ospedale come rifugio sicuro viene scossa da questa affermazione. In fondo, cosa significa essere al sicuro? E quanto pesa la vulnerabilità nella vita umana? Domande profonde che ci interpellano tutti.
Dopo oltre un mese tra le mura bianche del Gemelli, domani Francesco saluterà i suoi medici e gli operatori sanitari con una benedizione speciale prima di tornare a casa. Sarà un momento carico di emozioni. L’emozione dell’addio a chi si è preso cura della sua vita nei momenti più bui; ma anche l’emozione del ritorno alla normalità dopo una battaglia silenziosa contro la malattia.
“È stata una persona esemplare,” afferma Alfieri con orgoglio. La pazienza mostrata dal Papa durante questo periodo ha colpito molti; ha saputo ascoltare i consigli dei medici senza mai perdere la speranza.
Papa Francesco sa bene cosa significhi affrontare le tempeste della vita. La sua resilienza è testimoniata dalle parole pronunciate nei difficili momenti della pandemia: “Nella sofferenza possiamo trovare Dio”. Ora più che mai queste parole diventano palpabili; nel silenzio dell’ospedale si può udire l’eco delle sue riflessioni spirituali.
Mentre si prepara a tornare nella sua residenza ufficiale, gli occhi degli osservatori sono puntati su di lui: come reagirà nei prossimi giorni? Tornerà ad affrontare il mondo? Quale messaggio porterà ai fedeli? Le risposte arriveranno lentamente; come in ogni processo di guarigione, ci vuole tempo per riprendersi completamente dall’esperienza della malattia.
Il cammino verso la guarigione completa sarà lungo. Esigerà pazienza e cura meticolosa da parte dei suoi collaboratori e dalla comunità cristiana intera. Ma oggi possiamo festeggiare un piccolo passo avanti verso questa meta importante.
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