Il cardinale esorta i cristiani iracheni a votare per i propri correligionari nelle prossime elezioni

Il 28 marzo 2025, un appello risuona forte e chiaro dalla Cattedrale Caldea di San Paolo, a Mosul. Un cardinale, figura di riferimento per la comunità cristiana irachena, invita i suoi fedeli a esercitare il proprio diritto di voto. A chi? Ai propri compatrioti cristiani. La situazione in Iraq è delicata, e ogni scelta politica può avere un peso enorme.

La storia recente dell’Iraq è costellata di conflitti e sofferenze. I cristiani, una volta parte integrante del tessuto sociale iracheno, hanno visto ridurre drasticamente la loro presenza. Ma ora, con le elezioni all’orizzonte, si presenta una nuova opportunità. L’appello del cardinale non è solo un invito a votare; è una chiamata alla responsabilità.

Cosa significa veramente questo invito? Significa rimanere uniti. Significa sostenere coloro che condividono la stessa fede, gli stessi valori. In un paese lacerato da divisioni settarie e politiche, il voto rappresenta uno strumento fondamentale di coesione e resistenza.

La cattedrale caldea, simbolo di una tradizione millenaria, conserva le testimonianze di una comunità che ha affrontato persecuzioni e sfide col cuore in mano. Le sue mura raccontano storie di speranza e resilienza. E ora sembrano echeggiare l’esortazione del cardinale: “Votiamo per chi ci rappresenta! Votiamo per chi ha a cuore il nostro futuro!”

Ma c’è qualcosa di più profondo in questo richiamo. Si tratta della salvaguardia dell’identità cristiana in un contesto dove essa è sempre più minacciata. La scelta dei candidati non deve essere casuale; deve riflettere la volontà di proteggere le radici cristiane della società irachena.

I numeri parlano chiaro: dall’inizio del conflitto nel 2003, la popolazione cristiana in Iraq è diminuita drasticamente. Le statistiche non mentono; si parla di oltre il 90% delle comunità cristiane scomparse o costrette all’esilio. Ogni voto espresso alle prossime elezioni potrebbe segnare la differenza tra un futuro luminoso o l’ulteriore isolamento della comunità.

In questo scenario complesso, l’appello del cardinale assume toni quasi profetici. È come se volesse dire: “Non lasciate che il vostro silenzio diventi complice della vostra sparizione”. Un messaggio che risuona nel cuore dei credenti e invita alla riflessione.

I candidati cristiani devono farsi portavoce delle istanze della loro gente. Devono ascoltare le voci dei giovani disillusi, delle famiglie spaventate dall’incertezza del domani. La politica non può essere vista come un gioco sporco; deve diventare uno strumento di cambiamento reale.

E allora si alza una domanda: Che tipo di futuro vogliamo costruire? Le prossime elezioni non sono solo un rito democratico; sono una battaglia per l’anima dell’Iraq stesso.

L’intenso richiamo del cardinale si inserisce in una lunga tradizione della Chiesa cattolica che ha sempre cercato di guidare i propri fedeli verso scelte consapevoli e responsabili. Non si tratta solo di affermazioni astratte ma di atti concreti che possono influenzare la vita quotidiana delle persone.

L’importanza della comunità emerge con forza in queste parole: “Sostenete i vostri fratelli”. Questa richiesta va oltre il semplice atto del voto; implica anche la costruzione di legami solidi all’interno della comunità stessa. Un voto consapevole può alimentare la speranza e rinvigorire l’impegno civico dei cristiani iracheni.

Nella tumultuosa storia dell’Iraq moderno, ogni piccolo passo verso l’unità assume significati enormi. I cristiani iracheni hanno bisogno di leaders disposti a combattere per i diritti umani e per il rispetto reciproco tra tutte le fedi presenti nel paese.

È fondamentale dunque prestare attenzione ai candidati scelti dai cittadini; devono essere uomini e donne capaci di fare la differenza nelle vite quotidiane delle persone comuni. Questo è ciò che chiede il cardinale ed è ciò che ogni cittadino dovrebbe chiedere a se stesso prima di recarsi alle urne.

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