Conclave bollente: Tagle scalpita, Parolin zoppica

Conclave bollente: Tagle scalpita, Parolin zoppica

C’è profumo di conclave nell’aria, e la Chiesa cattolica, tra tensioni sotterranee e ipotesi che si accavallano, si prepara a scegliere un nuovo capitano. Le voci si rincorrono nei corridoi come spifferi di sacrestia: si sussurrano nomi, si calcolano probabilità, si fanno conti da bookmaker ecclesiastici.

Oggi, i riflettori sono tutti puntati su Luis Tagle, il cardinale filippino dal carisma contagioso, in piena rotta di avvicinamento a quel sogno di cambiamento che molti attendono come la pioggia a Ferragosto. Un giovanotto di popolarità virale, specialmente nei Paesi in via di sviluppo, dove lo considerano quasi un profeta. Ex guida di Caritas Internationalis, ha una visione progressista che divide come il Mar Rosso: c’è chi lo acclama e chi storce il naso. Ma intanto si piazza davanti, anche rispetto al più esperto Pietro Parolin, il Segretario di Stato di fiducia di Papa Francesco.

E qui, permettetemi di dire, le acque si intorbidano, come quando un amore traballa e non si capisce più chi tiene la barra del timone. Parolin, uomo di apparato, fine diplomatico, è sempre stato uno dei pilastri del pontificato attuale. Ma le sue chances paiono scolorire. Perché? Il famigerato accordo del 2018 con la Cina — una stretta di mano che ha lasciato molti con il sospetto e pochi con le certezze. Alcuni, come il cardinale Joseph Zen, che da Hong Kong combatte come un leone in gabbia, hanno gridato al “tradimento”. Francesco ha cercato di ricucire uno strappo storico tra le diocesi ufficiali e quelle clandestine. Un intento nobile, certo. Ma per molti è stato un investimento senza dividendi. Tradotto: una mezza debacle.

Nell’empireo vaticano, il clima è tutto fuorché sereno. Sotto il velo di cortesia e preghiera, si agitano rivalità, amarezze, vecchie ruggini. Una tempesta emotiva che non risparmia nessuno. La competizione, più che un gioco di nomi, è una scossa tellurica che attraversa le fondamenta stesse della Chiesa. Si fronteggiano due visioni del mondo: conservazione e riforma, prudenza e coraggio. E il popolo cattolico, quello vero, fatto di fedeli e speranze, guarda da lontano, spesso con disillusione.

Il cardinale tedesco Walter Kasper ha lanciato la bomba: “Stiamo cercando un nuovo Francesco”. Una frase che ha fatto sobbalzare più di un porporato. Ma questo “nuovo Francesco”, chi dovrebbe essere? E soprattutto: è davvero ciò di cui la Chiesa ha bisogno, oggi, qui e ora?

C’è chi si aggrappa con le unghie al passato, alla nostalgia del “si stava meglio quando si stava peggio”. Ma la realtà, quella vera, incalza, impone di muoversi, di adattarsi. La Chiesa non può permettersi l’immobilismo. Dentro le mura leonine si cercano alleanze, si tessono trame, si lanciano frecciatine. Una partita a scacchi dove le pedine sorridono, ma affilano le intenzioni. Il confronto Tagle-Parolin non è solo un derby tra cardinali: è lo specchio di un bivio epocale.

E poi c’è lui, il convitato di pietra: il popolo. Geloso custode di riti, sì, ma affamato anche di parole vere, di compassione concreta. La gente non vuole una Chiesa impolverata dai litigi interni: cerca ascolto, guida, un faro nel buio delle contraddizioni contemporanee. La leadership non è conservare tutto com’è, ma saper traghettare l’anima collettiva verso il domani. Con fermezza, certo. Ma anche con il coraggio di aprire le finestre.

E allora, sia chiaro: questo conclave potrebbe diventare un’epifania. Un passaggio storico, dove il nome non conta da solo: conta la direzione. Tagle, Parolin, chiunque sarà: l’importante è che la rotta non sia un ritorno al passato, ma un viaggio — magari turbolento — verso una nuova evangelizzazione. I cardinali si confronteranno, si sfideranno, e in tutto ciò c’è speranza, non pericolo. La storia si fa con i piedi ben piantati nel presente. E noi, fedeli, cronisti, curiosi, possiamo solo osservare — con un occhio al cielo e uno alla fumata — mentre il conclave, ancora una volta, ci promette il futuro.