In un’Aula Paolo VI affollata, il predicatore della Casa Pontificia ha dato il via alla prima predica di Quaresima, un momento di riflessione che si colloca nel contesto di un’epoca in cui il battesimo di Gesù assume un significato che va oltre il semplice rito. La Quaresima, tempo di penitenza e di preparazione, viene affrontata con l’auspicio di essere “Ancorati in Cristo. Radicati e fondati nella speranza della Vita nuova”. Ma, come spesso accade, le parole si scontrano con la realtà di un mondo che, pur essendo stracolmo di “tutorial” per ogni aspetto della vita, sembra mancare di figure capaci di discernere l’autenticità dei propri desideri.
Il cappuccino, nel suo intervento, ha messo in evidenza il paradosso di un’epoca in cui la superficialità regna sovrana. Si potrebbe quasi dire che viviamo in un’era in cui l’arte di “fare” ha soppiantato quella di “essere”. Eppure, il battesimo di Gesù, che si celebra ogni anno, non è solo un momento di commemorazione, ma un invito a riscoprire il senso profondo di un gesto che, per molti, è stato ridotto a una mera formalità.
Il saluto al Papa ha preceduto la predica, un gesto che in sé racchiude la sacralità e la responsabilità di un messaggio che deve essere trasmesso con urgenza. In un mondo in cui il sacro viene spesso messo in discussione, il richiamo a “verificare l’autenticità dei desideri” appare come un monito che non può essere ignorato. Ci si chiede: quanti di noi sono disposti a fare un passo indietro e a riflettere su ciò che realmente desiderano, al di là delle imposizioni sociali e delle mode passeggere?
In un’epoca in cui il battesimo è spesso visto come un semplice rito di passaggio, il cappuccino ha invitato a una riflessione profonda. Il battesimo è, prima di tutto, un atto di conversione, un momento in cui ci si distacca da una vita superficiale per abbracciare una realtà più autentica. Ma come possiamo sperare di “convertirci” se non abbiamo il coraggio di guardare in faccia le nostre ipocrisie? Come possiamo sperare di “restare nella realtà” se ci lasciamo trasportare dalle correnti di un mondo che premia l’apparenza?
La Quaresima, dunque, diventa un’occasione preziosa per riflettere su queste tematiche. È un tempo di introspezione, di ricerca, ma anche di denuncia. È il momento in cui la Chiesa è chiamata a mettere in discussione le proprie pratiche, le proprie tradizioni, e a confrontarsi con le sfide del presente. Non possiamo permettere che la sacralità del battesimo venga svilita da una visione riduttiva e superficiale. È tempo di riprendere in mano il significato profondo di questo sacramento, di riscoprire la sua potenza trasformativa.
In un mondo in cui i valori sembrano essere in continua evoluzione, il messaggio del cappuccino risuona con forza. La conversione non è solo un cambiamento esteriore, ma un processo interiore che richiede impegno e dedizione. È un cammino che ci porta a confrontarci con noi stessi, a mettere in discussione le nostre certezze e a cercare una verità più profonda. E in questo cammino, il battesimo di Gesù diventa un faro, una guida che ci invita a non perderci nella confusione di un mondo che spesso sembra dimenticare il sacro.
In conclusione, la predica di Quaresima del cappuccino non è solo un invito a riflettere sul battesimo di Gesù, ma una chiamata a tutti noi a riscoprire il valore della nostra fede. È un appello a non lasciarci sopraffare dalla superficialità, ma a cercare una verità autentica, che possa guidarci nella nostra vita quotidiana. E in questo senso, la Quaresima diventa un’opportunità per rimettere al centro la nostra relazione con Dio, per ancorarci in Cristo e per fondarci nella speranza della Vita nuova.
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